Gli studenti al tempo del corona virus

Gli studenti al tempo del corona virus

 

«Facciamo così: sabato sera ci vestiamo bene, ci trucchiamo, ci videochiamiamo e prendiamo qualcosa da bere che abbiamo in casa. Come se dovessimo uscire insieme». Lucrezia Petrucci, bolognese di 20 anni appena compiuti, propone ad alcune amiche di passare così una serata in compagnia. Esito dell’esperimento: insolito ma divertente; «Sicuramente lo rifaremo». La fantasia ai tempi della quarantena non manca agli studenti cafoscarini, che a causa del Covid-19 sono dovuti rientrare nelle rispettive città. «Oggi ho iniziato a dipingere con gli acquerelli… vediamo come sarà, era dalle medie che non li usavo» – dice Elisabetta Arigò, diciannovenne di Pordenone, sogghignando fra sé  all’idea di cosa potrà venir fuori da questo esperimento. Chissà, forse scoprirà di essere brava, che quella era una passione sopita e, paradossalmente, si troverà a dover ringraziare questi giorni di reclusione forzata. Attenzione però: l’università procede, e tempo allo studio bisogna dedicarne. Non potendo gli studenti andare a lezione, in questo strano tempo sono le lezioni ad andare da loro. Per fortuna, la cultura non si ferma. Tra video e materiale online, si cerca di recuperare un briciolo di ordinarietà all’interno di una situazione straordinaria. «In questo periodo si vede proprio la fatica ma anche la passione negli occhi di alcuni insegnanti. Si vede che a noi tengono», commenta Eleonora Crepaldi, ventunenne di Catene. Ed è vero. Si vede la passione nei loro occhi così come la si vede in quelli di tutte le persone che lavorano incessantemente al servizio della comunità in queste settimane. Parlare di emergenza non è esagerare, è essere realisti. Il panico ingiustificato non serve a nulla, ma è sbagliato anche minimizzare. Proprio i giovani, purtroppo, sono tra quelli che inizialmente hanno sottostimato la gravità della situazione e l’importanza delle misure imposte dal Governo. «Per la prima volta vedo la paura negli occhi dei miei concittadini. Fino al decreto del 9 marzo i bambini giocavano ancora per strada; i miei coetanei, tornati dal Nord, tiravano un sospiro di sollievo davanti ad un aperitivo con gli amici, credendo di essere  abbastanza lontani da non doversi preoccupare per il virus» – scrive Ludovica, 20 anni, di Foggia, che continua: «Poi, di colpo, la presa di coscienza, forse troppo in ritardo: tutti siamo coinvolti in questa battaglia, Nord e Sud, senza alcuna distinzione ed egoismo. Ora è nostra responsabilità far sì che tutto vada bene». Non è naturale dover cercare di evitare ogni contatto umano. Non è naturale uscire con guanti e mascherina. Non è naturale non poter andare a scuola o al lavoro. Non è naturale… ma ora è necessario, e quindi si fa. «La routine manca, ma ho riscoperto lo stare con la mia famiglia» continua Elisabetta Arigò. Lo stare in casa diventa occasione per riscoprire tutto ciò a cui di solito, per la frenesia di ogni giorno, non prestiamo quasi più attenzione. Diventa occasione per leggere quel libro comprato tempo fa e che ancora giace intonso sul comodino. Diventa occasione per iniziare una nuova serie tv o rilassarsi davanti ad un bel film. Perché #andràtuttobene nella misura in cui ognuno dirà, con coscienza e senso civico, #iorestoacasa.

Costanza Carrà