F. Manenti – Ascoltate e vivrete

L’alleanza del Sinai: Dt 4,1.12

v 1: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri sta per darvi». 

 «Ora (oggi), Israele, ascolta… »          

 Mose non invita Israele solo ad ascoltare, ma contestualizza questo ascolto nell’ “oggi” della sua storia.  L’ascolto della Parola avviene sempre nell’oggi della vita, di una storia, personale ed epocale. L’oggi è il luogo, il tempo, sono le circostanze della vita, dove risuona la parola di Dio, una parola che crea spazi di ascolto, illumina, corregge e incoraggia, che costituisce il nostro cuore (la nostra persona) luogo santo della presenza di Dio tra gli uomini, ma è anche il luogo, il tempo, sono le circostanze della vita dove è data la mia risposta alla Parola, una risposta chè fatta di ascolto e di obbedienza.

L’oggi della mia storia (personale), della nostra storia (comunitaria, sociale), conferisce all’ascolto della parola di Dio un aspetto di novità (quasi fosse la prima volta che Dio mi rivolge la parola) e di continuità (Dio, di nuovo, anche oggi, mi rivolge la sua parola).

Quindi quell’ “ora Israele ascolta” indica «proprio in questo giorno perché le parole della Torah siano nuove per te, come se fosse il giorno in cui furono date a Israele» (Rashi).

Le motivazioni dell’invito all’ascolto:

  • “affinché le (leggi e norme) mettiate in pratica”
  • “perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi”.

Nelle parole di Mosè l’invito all’ascolto è collegato all’esecuzione delle leggi e delle norme e la loro esecuzione propizia la vita e l’ingresso nella terra promessa (il compimento del cammino di libertà). L’ascolto della parola di Dio non è fine a se stesso,  ma in funzione della “messa in pratica” della Parola stessa. L’esito della Parola attuata è la promozione della vita (“perché viviate”) e il  conseguimento della libertà piena (“entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi”). L’ascolto e l’esecuzione della Parola consentono a Dio di compiere la sua promessa (la terra) e il suo desiderio (la vita del popolo, suo alleato).

Si può dire che il percorso dell’ascolto della Parola è completato quando, grazie all’ascolto che le è riservato e all’impegno con il quale è attuata, questa Parola può compiere il desiderio di Dio, realizzare il motivo per cui è stata rivolta all’uomo:

«Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo

E non vi ritornano senza aver irrigato la terra,

senza averla fecondata e fatta germogliare,

perché dia il seme a chi semina

e il pane a chi mangia,

così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:

non ritornerà a me senza effetto,

senza aver operato ciò che desidero

e sena aver compiuto ciò per cui l’ho mandata»

(Is 55,10-11; cfr Sap 18,14-15 che parla di una corsa della parola di Dio: “si lanciò in mezzo alla terra…”)

 

v 12:  «Il Signore vi parlò dal fuoco; voi udivate il suono delle parole, ma non vedevate alcuna figura: vi era soltanto una voce».

Jahvè non si rivela a Israele mostrandogli il volto, ma facendogli udire la sua voce, rivolgendogli la sua parola. Anche il popolo d’ Israele fa la stessa esperienza di Mosè.

«Mosè disse al Signore: “Mostrami la tua gloria! (il tuo volto)”. Rispose: “farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver misericordia avrò misericordia” Soggiunse: “Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessuno può vedermi e restare vivo”» (Es 33,18-20).

La richiesta di Mosè giunge al culmine di un dialogo intenso con Dio, dove il Signore, incalzato da Mosè, assicura la sua disponibilità ad accompagnare il popolo d’Israele («Il mio volto camminerà con voi», Es 33,14) e dichiara il profondo legame con Mosè («Hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome» Es 33,17).

Il rifiuto di assecondare la richiesta di Mosè, pertanto, non va interpretato come indisponibilità del Signore all’incontro, al dialogo con Lui. L’incontro e il dialogo con Mosè avverrà in altro modo, mediante la parola: i due si parlano, “faccia a faccia, come due amici” (cfr Es 33,11). Grazie a questo parlarsi, all’ascolto della parola che Dio gli rivolge, Mosè “vedrà”, “scoprirà” il volto di Dio.

Due riflessioni

  • L’incontro con Dio non è propiziato dalla visione del suo volto, ma dall’ascolto della sua parola. Anche noi, come Mosè, non abbiamo la possibilità di vedere direttamente “il volto” di Dio; possiamo però conoscerlo nella sua parola. Come scrive S. Gregorio Magno, abbiamo la possibilità di “imparare a conoscere il cuore di Dio nella parola di Dio”.
  • L’ascolto, al contrario della visione, è un’esperienza sempre aperta, chiede fiducia, disponibilità nei confronti di chi mi parla e impegno a dare esecuzione, a corrispondere alla parola che mi viene rivolta: «Se ascoltaste oggi la sua voce! “Non indurite il cuore…”» (Sal 95,8).                 Cfr l’esortazione dell’apostolo Giacomo: «Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi, perché se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questo troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,21-25).

 

Il Decalogo: Dt 5,1.23

v 1: «Mosè convocò tutto Israele e disse loro. “Ascolta, Israele, le leggi e le norme che oggi io proclamo ai vostri orecchi. Imparatele e custoditele per metterle in pratica».

Il testo traccia un percorso dell’ascolto della parola di Dio: imparare la Parola, custodirla, metterla in pratica. Nel percorso l’esecuzione della Parola (“metterla in pratica”) è collocata al termine di un ascolto fatto di apprendimento e di custodia della stessa Parola e come obiettivo, destinazione di questo ascolto. Questo percorso ricorda che l’ascolto della parola di Dio non è finalizzato a una semplice curiosità, alla conoscenza di un messaggio, ma a permettere alla Parola di esprimere tutta la ricchezza che porta con sé e che questo è possibile solo si “impara” e si “custodisce” la Parola udita.

Consentire alla parola di Dio di esprimere tutta la propria ricchezza, la capacità di dare forma nuova all’esistenza rappresenta la condizione di un ascolto pieno, fecondo (cfr Es 24,7: «Quindi (Mosè) prese il libro della Alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero. “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto”».).

Se il dare esecuzione alla Parola costituisce il metro di misura della verità del suo ascolto, custodire la Parola, per conoscerla a fondo (impararla), trattenerla nel cuore, è la condizione per orientare il nostro fare, la nostra azione, nella direzione della Parola stessa.

Un testo del profeta Ezechiele conferma la decisività di questa custodia della Parola nel cuore: «Figlio dell’uomo, tutte le parole che ti dico accoglile nel cuore e ascoltale con le orecchie» (3,10)

Nell’invito rivolto al profeta da parte di Dio è indicato un percorso dell’ascolto delle sue parole, dove è data la precedenza all’accoglienza nel cuore (“accoglile nel cuore”) rispetto all’ascolto con le orecchie (“ascoltale con le orecchie”). Un percorso che di fatto inverte il normale procedimento dell’ascolto: dalle orecchie che registrano le parole, al cuore che le accolgono, le custodiscono e ne approfondiscono il significato.

La precedenza accordata al “cuore”, rispetto alle “orecchie”, ha una sua ragione, che viene offerta dalla nostra esperienza. Ci rendiamo conto che non basta udire con le orecchie la parola che ci è rivolta perché accada l’ascolto. Perché la parola udita sia realmente ascoltata (accolta) è necessario aprirsi ad essa, disporsi ad ascoltarla, aprire il cuore (noi stessi)  all’ascolto.

Dall’esperienza emerge un percorso dell’ascolto: dal “cuore”, alle “orecchie”, nuovamente al “cuore”:

  • dal “cuore”: segnala la disposizione previa che qualifica l’ascolto non come semplice audizione, ma come accoglienza, disposizione fiduciosa a lasciarsi raggiungere, interpellare dalla parola.
  • alle “orecchie”: indica la modalità consueta con cui siamo raggiunti dalla parola che ci è rivolta, che ascoltiamo.
  • Al “cuore”: individua l’approdo, la destinazione, della parola udita, perché non vada dispersa, ma sia messa in condizione di dispiegare tutta la ricchezza che porta con sé.

v 23: «Quando udiste la voce in mezzo alle tenebre, mentre il monte era tutto in fiamme, i vostri capi tribù e i vostri anziani si avvicinarono tutti a me e dissero: “Ecco, il Signore, nostro Dio, ci ha mostrato la sua gloria e la sua grandezza, e noi abbiamo udito la sua voce dal fuoco: oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l’uomo e l’uomo restare vivo”».

“Ascoltare” Dio che parla è altrettanto rischioso, straordinario e fuori della portata dell’uomo, quanto il “vedere” Dio (a Mosè che chiede: “Mostrami la tua gloria! (il tuo volto)”, Jahvè risponde: “Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessuno può vedermi e restare vivo”, Es 33,18-20).

Quindi «non va da sé che Dio possa parlare con l’uomo esattamente come non è naturale che si possa vedere il suo volto. Sono entrambe esperienze-limite, al di fuori di quelle ordinarie, che conducono l’uomo su un terreno pericoloso di cui non è padrone, oltre i confini delle proprie possibilità alle soglie della morte»[1].

Il comandamento principale dell’Alleanza: Dt 6, 4-9

«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte».

Mosè dà diverse  disposizioni:

  • “Ascolta”
  • “Tu amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le forze”.
  • “Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore”.
  • “Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte”.

– “Ascolta, Israele”

Mosè chiede al popolo d’Israele di mettersi nell’atteggiamento dell’ascolto, chiede quel silenzio che è la condizione indispensabile per l’ascolto, perché «è nel silenzio che si manifesta e si dispiega il desiderio di chi parla e di chi ascolta»[2]. Il silenzio che propizia l’ascolto non ha a che fare solo con l’assenza di rumore, ma anche (soprattutto)  con un cuore che si fa accogliente, perché libero da quelle “pre-occupazioni” che lo abitano e lo rendono indisponibile all’ascolto.

– “Tu amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le forze”.

L’amore che va riservato a Dio chiede un impegno totalizzante. Cfr un’esegesi ebraica del II sec. d.C.:

  • “con tutta l’anima”→ “perfino se Egli ti strappa l’anima”, cioè fino al martirio
  • “con tutta la forza” → “con tutti i tuoi beni”.

Si deve amare Dio non solo con tutto il proprio essere (cuore), ma anche con i propri beni (forza), fino al dono totale della vita (anima).

C’è un legame tra le due disposizioni, fra l’ascolto e l’amore per Dio: la condizione per un autentico ascolto di Dio, della sua parola è data dall’amore per Lui, un amore che coinvolge tutta la persona.

Dal legame dei due imperativi emerge che la radicalità e la totalità dell’amore verso Dio sono le stesse che ci sono chieste nell’ascolto della sua parola; per cui l’ascolto della Parola di Dio è autentico quando è un ascolto “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.

«Amare Dio e ascoltare la sua voce sono come due aspetti della stessa realtà, due diverse formulazioni dello stesso comandamento fondamentale»[3].

Qualche studioso individua una “coincidenza tematica” (A. Mello) tra la parabola del seminatore raccontata da Gesù (cfr Mt 13,5-9; Mc 4,1-12; Lc 8,4-10) e l’esegesi giudaica dello Shemac. Nella parabola evangelica coloro che sono incapaci di accogliere la parola di Dio (i terreni che non consentono al seme di fruttificare) sono divisi in tre categorie diverse, indicati nella successiva spiegazione della parabola:

  • coloro che non hanno un cuore che sappia comprendere la Parola (cfr Mt 13,18-19)
  • coloro che non sanno restare fedeli alla Parola di fronte alla persecuzione e alla sofferenza (cfr Mt 13, 20-21)
  • coloro che si lasciano attrarre dalla “seduzione della ricchezza” (cfr Mt 13,22).

 – “Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore”.

L’invito è a un ascolto che trattiene la Parola, nel cuore, là dove si custodisce ciò che è più caro, prezioso e dove nascono e si alimentano sentimenti, desideri. Un ascolto che non lascia andar via la Parola troppo in fretta, la trattiene perché dispieghi tutta la propria ricchezza.

– “Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte”.

La parola ascoltata non può essere trattenuta presso di sé (nel cuore), ma deve essere messa in condizione di continuare il proprio cammino nella vita, negli spazi e nel tempo dell’esistenza.

Gli spazi della vita nei quali la parola di Dio deve entrare sono quelli privati (la casa, gli stipiti della casa) e quelli pubblici (la via, le porte della città). La parola di Dio accolta nel cuore viene alle labbra, parte dalla propria dimora e cammina per la via dove si svolge la vita pubblica.

Anche il tempo è interamente abitato dalla parola di Dio; la “ripetizione” dei comandamenti ai figli (v 7) e il fatto che la Parola prenda anche la forma dello scritto (v 10), le consente di “durare” nel tempo, di continuare la propria “corsa” nella terra e nella storia degli uomini (cfr Sap 18,14).

Dalle disposizioni conclusive di Mosè emerge che ogni attività dell’israelita è accompagnata dalla Parola, ispirata e illuminata da essa: seduto in casa o camminando per strada, nel dormire o nel vegliare, come guida del propria fare (“te li legherai alla mano come segno”) e illuminazione del proprio sguardo (“ti saranno come pendaglio tra gli occhi”). E’ così che si ama il Signore Dio “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”.

Conclusione: la Parola udita, accolta nel cuore e comunicata «deve diventare dinamismo che invade capillarmente tutta l’esistenza, fin nei suoi piccoli dettagli. Tutto il cuore, tutta l’anima e tutte le forze, così come tutto lo spazio e il tempo, sono necessari per dire l’amore verso il Signore. Non solo come impegno personale, ma come un compito da trasmettere quale preziosa eredità al figlio, alla generazione seguente: il bene unico e necessario sta nell’aderire al Dio vivente»[4].

Dalle istruzioni di Mosè al popolo d’Israele emerge che

  1. Dio ci rivolge una parola che prende le mosse dal suo desiderio (l’Alleanza con gli uomini, con me) e realizza il nostro bisogno (cfr Sal 28,1: “A te grido, Signore, mia roccia, con me non tacere: se tu non mi parli, sono come chi scende nella fossa”)
  2. Il nostro ascolto è costituito da:
  • Un cuore che decide di ascoltare e che custodisce la Parola ascoltata
  • Una libertà che dà esecuzione alla Parola ascoltata e custodita nel cuore
  • Una bocca che comunica la Parola nella storia, le consente di proseguire la sua corsa in mezzo agli uomini
(Franco Manenti, Esercizi spirituali per giovani e adulti, Cavallino Ve 27 novembre 2009 )

 

[1] A. MELLO, “Ascolta Israele!”. L’ascolto della parola di Dio nel Deuteronomio, in “Parola, Spirito e Vita” 1 (1979), 33.

[2] P. BOVATI, Il libro del Deuteronomio (1-11), Città Nuova, Roma 1994, 80.

[3] A. MELLO, “Ascolta Israele!”, op cit, 38.

[4] P. BOVATI, Il libro del Deuteronomio (1-11), op cit, 88.