Non tutti i silenzi sono buoni

Il silenzio è qualche volta tacere; ma il silenzio è sempre ascoltare. Ascoltare è più che sentire. È interessarsi, assimilare quello che si sente, ricostruire interiormente il contenuto del messaggio. Ascolta colui che è umile, colui che riconosce di non saper tutto, che è “povero” alla presenza di Dio e degli altri.

L’autosufficiente e l’orgoglioso non ascoltano.

Il silenzio dice chi sono io e chi è l’altro, colui alla cui presenza io sto. Il silenzio mi dice che all’origine di questa mia libertà c’è un Altro che me l’ha data perché io fossi capace di comunione con lui.

È Dio che ci ha dato silenzio e parola per ascoltarlo e rispondergli, per accoglierlo e chiamarlo … ma anche per stare gratis alla sua presenza.

È il silenzio che rende possibili gli scambi in profondità… Le grandi parole della vita nascono sempre dal silenzio interiore di una persona ed entrano nel silenzio interiore di un’altra persona. E se sono parole di preghiera, entrano nel cuore di Dio.

Il primo atteggiamento che Dio chiede al suo popolo è “Ascolta, Israele” (Dt 6,4). Il silenzio è così la prima forma di fede e risposta alla quale Dio stesso ci dispone. Egli ha qualcosa da dire di così vitale, da guidare e orientare anche le parole con le quali rivolgerci a lui. Ecco perché il nostro silenzio di ascolto e le parole con le quali la Chiesa prega sono tutte tessute di Parola di Dio.

(Patriarcato di Venezia-Oders, Stendi la tua mano. Sussidio per la scuola di preghiera, 1999)