Marco Cè – L’ottavo giorno

La domenica  è il giorno in cui la Chiesa fa memoria del Crocefisso risorto; crede, proclama che Gesù Cristo è risorto, è vivo. Gesù vive ed è presente nella sua comunità, appare ai suoi e sta in mezzo alla sua comunità, ci accompagna nel nostro cammino nel tempo.

Ci siamo preparati alla domenica, ieri, con la veglia; ora, con questa meditazione; poi prepareremo le letture, proprio per dar forza alla domenica, per convincerci che è importante per la nostra vita di fede, perché essa esprime l’identità del cristiano. Anche noi dovremmo dire come i primi cristiani: sine die dominico non possumus, senza l’Eucarestia domenicale non potremmo vivere.

Il fondamento del giorno del Signore è il testo di Giovanni 20,19-29:

“La sera di quel giorno, il primo della  settimana, (Gesù era stato crocefisso e sepolto il venerdì) mentre erano chiuse le porte del porte  si trovavano i discepoli per timore dei Giudei,  venne Gesù, stette in mezzo a loro e disse: -Pace a voi!-. Detto questo, mostrò loro  le  mani e il fianco (Gesù ci tiene a farsi identificare!). Gesù disse loro di nuovo: -Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi.  (La presenza del Risorto nella storia continua mediante i credenti in lui).  Detto questo, soffiò su di loro e disse: -Ricevete lo Spirito Santo.(È il suo Spirito, quello che lo ha guidato dal grembo materno fino alla Croce e ora lo passa alla Chiesa). A coloro cui perdonerete i peccati saranno perdonati e a coloro che non perdonerete non saranno perdonati.

Tommaso, uno dei Dodici chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: -Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse loro: -Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, non credo-.   

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: -Pace a voi!-. Poi disse a Tommaso:-Metti qui il tuo dito, guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!-. Rispose Tommaso: -Mio Signore e mio Dio!-. Gesù gli disse: -Perché mi hai veduto tu hai creduto: beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”  (Siamo noi che crediamo senza aver visto!).

Questo testo dice alcune grandi verità.

La prima è che l’apparizione del Risorto avviene due volte, a distanza di otto giorni, e sempre il primo giorno della settimana ebraica, cioè il primo dopo il sabato. Da qui viene la tradizione della domenica, che è il primo giorno della settimana ebraica.

La seconda verità è che la domenica proclama che il Crocefisso è risorto ed è vivo. Gesù appare in mezzo ai suoi perché è risorto.

Gesù di Nazareth, crocefisso, è vivo!

Quando noi celebriamo l’Eucarestia, lui è realmente presente in mezzo a noi, nella sua Chiesa. È il Vivente! La resurrezione è il fondamento, il cuore della nostra fede e ci coinvolge tutti. Nella sua carne siamo risorti anche noi, divenuti col battesimo partecipi della sua resurrezione, per essere un giorno pienamente partecipi della vita stessa di Dio.

Dire salvezza non è dire soltanto liberazione dal peccato, ma è dire divinizzazione dell’uomo che diventa realmente partecipe della filiazione divina dell’unico Figlio di Dio; è la restituzione dell’uomo al progetto originario di Dio Padre che il peccato ha sconvolto. Quindi la resurrezione di Gesù è una nuova creazione, l’inizio di un mondo nuovo.

 “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo”, cioè: ricevete lo stesso Spirito di Gesù perché dovete continuare la sua missione.

Nel progetto di Dio Gesù è capo e noi siamo uniti a lui, come membra che fanno un tutt’uno con il corpo. Gesù e noi, Gesù primogenito di molti fratelli e noi parte della sua stessa vita. L’opera della redenzione è compiuta tutta da Gesù, ma è attuata attraverso le sue membra che siamo noi. Senza di lui non potremmo far nulla, ma lui ha voluto che la sua opera andasse a compimento attraverso noi. Nel progetto del Padre noi siamo necessari all’opera di Gesù perché formiamo corpo con lui, siamo i tralci della vite che è lui. E questo fa sì che anche la redenzione  vada a compimento attraverso di noi: grazie alla potenza che viene da lui, ma anche attraverso il della nostra libertà che accetta di collaborare con Cristo.

E poi c’è il potere di rimettere i peccati, un potere affidato ai Dodici, al collegio apostolico e ai suoi successori, che però non indica solo la confessione e il perdono dei peccati – compito del ministero sacerdotale – ma indica tutta la lotta contro il male, contro la malattia, contro le disgrazie, contro l’ingiustizia, in cui tutti siamo coinvolti.  La punta dell’iceberg è l’assoluzione del peccato, ma nella lotta contro il male siamo coinvolti tutti che facciamo corpo con il sacerdozio, formiamo un’unica Chiesa che lotta contro il male, in tutte le sue sfaccettature, tutti i suoi volti. Tutti siamo coinvolti in questa lotta contro il male.

Questo dice che fra la Croce e resurrezione di Cristo e il suo ritorno ultimo – in questo tempo fra la Pasqua di Cristo e l’ultimo ritorno del Signore, cioè il tempo della Chiesa in cui Cristo continua ad  agire nella storia – Cristo ha bisogno di noi e noi lo facciamo non per le nostre forze, ma grazie allo Spirito che lui ci ha dato. Il piano di salvezza del Padre vede sempre Gesù insieme a noi e per questo l’opera della redenzione va a compimento attraverso la Chiesa che è il corpo di Cristo. Cristo agisce anche oggi ma attraverso noi che siamo le sue membra.

Questa realtà, questo mistero di grazia del Cristo e di noi che siamo associati alla sua grazia, ci viene riconsegnata ogni domenica nell’Eucarestia. Quando noi partecipiamo alla Messa, noi rinverdiamo  la nostra partecipazione a questo mistero: dovremmo ricaricarci e renderci più consapevoli di questa grande grazia che è l’evento della resurrezione di Cristo di cui noi siamo partecipi e che dobbiamo portare a compimento nella storia dell’uomo. Di qui il senso della comunione eucaristica alla Messa che ci nutre del Signore, ci fa una cosa sola con lui, ma ci dà anche la missione di continuare la sua opera di salvezza

Se è vero che Cristo vive in me, è altrettanto vero che Cristo opera con le mie mani, ama con il mio cuore, visita i poveri attraverso me, guarisce i corpi attraverso il mio impegno di medico, di infermiere; Cristo ammaestra attraverso la mia opera d’ insegnante, salva il mondo attraverso il mio impegno umano, civile, politico. Tutto questo diventa compimento di salvezza, se fatto con Cristo che vive in me, e trasforma tutta la mia vita. La resurrezione di Cristo non salva soltanto gli uomini, salva il mondo e ha bisogno di me.

Tutto questo ci viene dato nell’Eucarestia domenicale (l’Eucarestia per eccellenza!),  ma poi si dilata in tutta la settimana. Andare a Messa non è una pratica: è qualcosa di profondo che investe la nostra vita, ci apre a tutti i fratelli con tutta la Chiesa.

Questo ci aiuta a capire la centralità della domenica nella vita della parrocchia; ci avverte che una comunità che vive la domenica si trova ad essere fermento nella storia ed è capace di trasformare l’ambiente ecclesiale di un  territorio. Noi siamo lievito e il lievito deve trasformare la massa.

La domenica non si chiude nella domenica. La domenica è in funzione del lunedì, del martedì, del mercoledì, ecc. Cioè, dalla domenica partono delle energie di resurrezione capci di cambiare il mondo. La domenica è uno scampolo di paradiso vissuto in terra che però non deve chiudersi in se stesso: deve espandersi.

E allora domandiamoci: Che cos’è per noi la domenica?

La domenica va preparata, desiderata, pensata durante la settimana e la sua grazia dovrebbe lievitare tutta la settimana e irradiarla con le sue energie. Di fatto, spesso non è così. Talora la domenica, con la sua Messa, è un fatto rituale, l’assolvimento di un precetto a cui si concedono al massimo 40 o 50 minuti; invece che un momento di gioia, spesso diventa un momento di noia!

In sintesi vi propongo alcune piccole cose:

  1. La bellezza di porre nella domenica un gesto di carità e solidarietà: anziani, ammalati, persone sole, un’opera di volontariato….Il segno della novità cristiana è l’amore e l’amore non ha patria su questa terra, scaturisce dal cuore di Cristo e passa attraverso noi!
  2. L’importanza della celebrazione parrocchiale domenicale che è il cuore della parrocchia, non una pratica di pietà;  è lì che la comunità si riconosce, si identifica, si costruisce.
  3. La domenica deve essere anche gioiosa, perché la domenica profuma di Resurrezione, di paradiso. Non trascuriamo neanche un bel pranzetto! Pensiamo a quale immagine usa Gesù quando vuole parlarci di paradiso: un convito a cui il Padre ci inviterà tutti, si metterà il grembiule e passerà a servirci. Il pranzo domenicale non è soltanto un pranzo; è un momento di condivisione, è espressione della gioia di essere figli di resurrezione, di essere un mondo nuovo, di essere su questa terra l’immagine del convito in cui il Padre serve i suoi figli.

Preghiamo col Cardinal Newman:

O Gesù, aiutami a diffondere dovunque io vada la tua fragranza.

Inonda la mia anima del tuo spirito e della tua vita. 

Penetra in me e impadronisciti del mio essere 

in modo così completo da essere un’irradiazione della tua.

Illuminami e prendi possesso di me in modo tale

che ogni anima che avvicino possa sentire

la tua presenza nella mia anima,

che guardandomi non veda me, ma te in me.

 Resta in me: così splenderò del tuo stesso splendore

 e potrò essere di luce agli altri.

La mia luce verrà tutta da te, Gesù,

nemmeno il più tenue raggio sarà mio.

Sarai tu ad illuminare gli altri per mezzo mio.

Suggeriscimi la lode che ti è più gradita,

illuminando altri intorno a me.

Che non ti predichi con le parole,

ma col mio esempio, con l’influsso delle mie azioni,

col fulgore visibile dell’amore che il mio cuore riceve da te.  Amen.

(Marco Cè, Esercizi spirituali diocesani, 17 gennaio 2010)