R. Martinelli – Gioiosi nel mondo

Può capitare che per complesse ragioni non abbia né il desiderio né la voglia di confessarmi. Non ho stati d’animo favorevoli, non sento né la sua Presenza né il peso dei miei peccati né ho qualcosa di interessante da confessare. Ma credo che Lui mi desidera (all’indicativo!). Credo che Lui sa di che cosa è malata la mia vita!

Il Cristo, che ci incontra adesso nella Liturgia, è il Verbo che ha preso carne nel passato, ma è anche quello di oggi e di sempre. Nella carne il suo Mistero realizza la pienezza dei tempi (Gal 4,4). Egli si ripresenta per farci crescere verso di Lui: l’Unico, cioè il Mistero dell’Amore che solo sa creare, non ci raggiunge solo per contatto. Tanto meno ci coinvolge solo in una finzione del passato. È la sua visita di oggi: Oggi la salvezza entra nella tua casa! (Lc 19, 9). L’agire di Cristo non è imprigionato nel passato.

Occorre pensare al peccato come esperienza di dis-amore verso Cristo (A. Fumagalli, Sc. Catt. n.2, 2oo8). Il peccato separa ciò che l’amore unisce, opposizione alla relazione o comunque opposizione ad essa e in essa, focolaio di violenza perché lacerazione in noi, sospetto verso Dio, ferita inferta alla Chiesa, forma di anti-socialità verso il mondo. Il disamore, anche nella sua venialità genera deserto e morte. Si attua una sorda opposizione allo Spirito, che è Amore e vita, ci si oppone all’Amore che ci attira e orienta. Così la nostra libertà si disperde da ciò a cui tende e si affloscia o attarda sull’effimero, sull’idolo.

IN ASCOLTO DEL TESTO (Fil 2, 12-18 )

Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. É Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni. Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato. E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, gioisco e condivido la mia gioia con  tutti voi. Allo stesso modo anche voi gioite e condividete la gioia con me.

Il brano di Fil 2, 11-18 segue il celebre annuncio e racconto del cammino  del Signore Gesù: Il suo sprofondo  per amore. E’ il racconto di un Amore che, per stare vicino all’uomo, assume la forma di schiavo.

Il verbo iniziale, obbedendo, (v. 12) si ricollega all’Inno cristologico, con tutta la sua pregnanza.

Qui l’apostolo Paolo invita all’impegno nella comunità,  alla coerenza, all’integrità, al culto spirituale che vive offrendosi e diviene gioia condivisa. La Parola, attraverso la testimonianza di Paolo, fa venire alla luce ciò che è il mio male! Egli suscita in noi il volere e l’operare  (v. 13).

Occorre ‘darsi da fare’ con energia e operosità. Non solo ma anzitutto con timore e tremore (v. 12) espressione che “trascrive nel codice emotivo la relazione religiosa, che è la pronta ed incondizionata sottomissione a Dio” (Fabris, pag. 78). Così in un mondo che segue altri criteri e modelli di vita si può vivere da figli. L’esistenza così è ciò che Dio ama, più che i sacrifici e altri atti di culto.  Perché…“dobbiamo splendere tenendo alta la parola della vita in una generazione degenere e perversa” (vv. 15 e 16).

 IN ASCOLTO DELLA COSCIENZA“Ho tentato di svegliare l’anima, raccontando l’amore di Dio”.

– Nella mia vita che spazio do alla contemplazione dell’amore Crocifisso, per lasciarmi educare a quel dialogo di amore che libera da chiusure, ripiegamenti, ossessività, ingratitudine?

– ‘Sapendomi amato’, e poiché mi basta l’essere amato, so ricominciare sempre di nuovo, nell’amore, libero da tutte quelle forme ansiogene come la fame di riconoscimenti e la preoccupazione per i successi?

 – Vivo di affezione a Lui, cioè di un atteggiamento che è molto di più di un sentimento affettuoso o di una generica pensosità o concetto. E’ una comunione amorosa che mi fa vivere?

– Vivo la certezza che Lui mi è caro più di tutto e gli sono caro più di tutto?

– Perciò coltivo la vita spirituale, (= la cura del cuore), attento ad appuntamenti, mezzi, regola di vita di cui l’affezione ha bisogno?

– La Parola nutre l’Amore: la ricerca, la sete di Lui si abbevera a cisterne secche o con rigore, continuità serietà si alimenta nell’Eucaristia e nella Lectio al suo perdono, alla sua passione, al suo futuro?

– Come educo i miei desideri profondi? Poiché sono fatto per l’amore… mi metto in sintonia con ciò che Lui desidera?

– Vivo i grandi desideri espressi da Gesù nel Padre nostro?

– I linguaggi e il mio modo di essere e comunicare: esprimono la novità della mia vita? Cioè la vita  di chi, grazie al suo dono, ha la forma della accoglienza, affabilità, finezza, attenzione e pazienza? Oppure resistono residui di sottili ossessività, atteggiamenti seduttivi, giudizi e pregiudizi?

– So lasciarmi amare dicendo Grazie! Con la lode e con la vita?

– Sorveglio la facile inclinazione alla gelosia che nel profondo è  il rimprovero fatto al Signore di non averci dato ciò che ha dato ad altri? (cfr Caino che uccide Abele)

(Romano Martinelli, esercizi spirituali, Cavallino 2002)