Marco Cè – Ti sono perdonati i tuoi peccati

C’è una solidarietà che ci lega a tutti gli uomini: nel bene e nel male. Noi stessi nella celebrazione del sacramento della penitenza siamo portati da tanti fratelli che soffrono. Se non ci fossero i martiri, dice Origene, non ci sarebbe la remissione dei peccati.

La nostra stessa confessione non riguarda soltanto noi: riguarda tutta la Chiesa che è comunione, santa nei santi, peccatrice nei peccatori.

È anche il mondo del peccato e della sofferenza che ci chiede di essere portato a Gesù: la nostra confessione, in qualche modo, ci fa portatori dei fratelli ammalati a Gesù.

 

LEGGIAMO IL TESTO 

Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.
Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua». Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile! ».  (Mc 2,1-12)

 Dopo la guarigione di un lebbroso, Gesù si era ritirato in luoghi deserti: ritornato a Cafarnao, si sistema in una casa, forse quella di Pietro. Ed ecco che la gente accorre: riempie la casa e sosta davanti alla porta. Egli annunziava “la Parola”.

“Si recarono da lui con un paralitico”. Sempre, quando appare Gesù, intorno a lui si polarizza la miseria umana: per questo lui è venuto. Chinandosi su questi poveri, egli diventa il rivelatore del Padre nel suo mistero più grande: la misericordia.

Il paralitico è “portato da quattro persone”. Da solo non avrebbe mai potuto accostare Gesù. Il servizio dei quattro è molto umile, ma è essenziale, perché è espressione dell’amore che li muove. E l’amore è da Dio. È anche il segno di una Chiesa solidale, misericordiosa e accogliente nei confronti dei peccatori.

“Non potendo portaglielo davanti, scoperchiano il tetto (…).Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. È molto importante annotare che Gesù guarda la fede dei portatori e guarisce il paralitico, proprio grazie alla loro fede. Chiede la fede, come ha fatto con la donna che pativa di emorragia e voleva almeno toccargli il lembo del mantello: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va in pace e sii guarita dal tuo male” (Mc 5,34).

 

Alle parole di Gesù: “Ti sono rimessi i peccati.”, scoppia lo scontro fra Gesù e gli scribi.

“Bestemmia!”, dicono. È l’accusa che ha portato Gesù alla morte. Dio solo può perdonare i peccati: perdonandoli, Gesù si fa uguale a Dio.

“Perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati”. È l’unico potere che rivendica Gesù: quello di rimettere i peccati.

Questo potere era solo in Cielo; ora, con Gesù, è anche sulla terra.

“Alzati”, in greco ”Svegliati” (egeire): è il verbo della risurrezione. Il perdono dei peccati è una risurrezione.

“E tutti si meravigliavano…”

MEDITIAMO

 Dal peccato non si esce da soli, soltanto con la nostra buona volontà. Anzi, da soli nel peccato si sprofonda, come travolti in una spirale di lontananza.

Non bastano la conoscenza della legge né la coscienza, solo la grazia di Gesù Cristo ci può salvare (Rm 7,14-25).

Gesù per liberarci dal male ha dato agli apostoli il potere di rimettere i peccati e questo è il fondamento del sacramento della riconciliazione.

Il peccato personale ferisce sempre la Chiesa, per la comunione che ci lega in Cristo: di conseguenza ferisce anche il mondo, per l’azione salvatrice che la Chiesa deve esercitare su di esso (cfr Rm 15,16).

Quindi il sacramento della remissione dei peccati è sempre anche riconciliazione con la Chiesa.

Il perdono viene da Dio, per il sangue di Cristo ed è sempre la festa di Dio (cfr Lc 15).

Il paralitico è portato davanti a Gesù. Anche noi dalla misericordia di Dio e dalle preghiere della Chiesa siamo portati davanti a Gesù:

-siamo qui, davanti a Lui, come il paralitico, con le nostre debolezze e il nostro peccato. Ne abbiamo viva coscienza. Però la coscienza del peccato deve essere sotto lo sguardo misericordioso del Crocifisso. Diversamente la consapevolezza del peccato ci avvilisce: il peccato genera altri peccati.

-Sotto lo sguardo di Gesù esaminiamo la nostra coscienza. I nostri doveri verso Dio, noi stessi e il prossimo.

-Poi confesseremo i nostri peccati, mettendoli davanti alla misericordia di Dio, come ne siamo coscienti.

-Il pentimento è azione delle Spirito in noi: convincendoci di peccato, lo Spirito ci dà la consolazione del pentimento e la buona volontà di non peccare più.

Gesù dice: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”.

“Alzati” è la parola che ha fatto risorgere Gesù.

“Prendi il tuo lettuccio”: possiamo vedere nel lettuccio su cui il paralitico era sdraiato le conseguenze psicologiche del peccato, l’abitudine ad esso, che rimangono e vanno ricuperate nella fatica della perseveranza.

“Cammina”: cammina non da solo, ma sorretto dalla preghiera, evitando con il massimo impegno le occasioni.

È molto importante lo sforzo di evitare la radice dei nostri peccati. C’è in noi “un peccato”, un atteggiamento peccaminoso che in qualche modo genera tutte le altre nostre cadute (come la radice importante di una pianta, da cui partono le altre radici secondarie).

Il racconto della guarigione del paralitico in Marco si chiude testimoniando lo stupore e la gioia destata dall’intervento di Gesù: “Non abbiamo mai visto nulla di simile”.

Il perdono è la festa di Dio: va vissuto nella più profonda gratitudine e in una immensa fiducia in Colui che, dopo averci perdonato, ci accompagnerà sempre con la grazia dello Spirito perché perseveriamo nel suo amore, vincendo le difficoltà di ogni giorno.

Il brano evangelico non ci riporta nessuna parola del paralitico: ma noi possiamo immaginare il suo sguardo implorante rivolto a Gesù e poi la sua gioia nel prendere il suo lettuccio e nell’andare a casa con le sue gambe. Questa sarà anche la nostra gioia.

Vorrei concludere con l’invito ad invocare lo Spirito Santo, che è l’antipeccato, perché è l’amore ed è “lo Spirito di Gesù”. Lo Spirito Santo contesta in noi il peccato e difende la nostra appartenenza a Gesù. Il rimorso autentico è quello che viene dallo Spirito Santo: esso lava il peccato e apre il cuore alla gratuità del perdono.

(Trascrizione dell’omelia tenuta dal Patriarca  Marco Cè durante la celebrazione della Penitenza nel corso di esercizi spirituali dal 30 aprile al 4 maggio 2003, Cavallino)